dal 650 c.p. per violazioni DCPM: riflettiamo su rispetto delle regole e sulla stessa Giustizia

Violazioni DCPM anti-coronavirus: dall’art.650 c.p. fino ad Eraclito, stravaganti riflessioni su regole e Giustizia

 

Violare i DPCM anti-coronavirus non è banale ‘infrazione alle regole’, come in un gioco di società: è reato. * Dall’art.650 c.p. (fino ad Eraclito), riflessioni stravaganti sul  rispetto delle regole e  – più in generale – sulla Giustizia.

di Pasquale Lattari *

I DPCM del 8 e 9 marzo per il contenimento del Covid 19

Il DECRETO DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI 8 marzo 2020 . Ulteriori disposizioni attuative del decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6, recante misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID- 19 prevede delle restrizioni alle attività delle persone meglio indicate negli artt. da 1 a 3 con divieti ed obblighi specifici (divieto di spostamento, di mobilità, di assembramento e riunione etc…) per quelle che erano considerate zone rosse (nord Italia + altre province).

All’art. 4 si prevede al co.2:

  1. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, il mancato rispetto degli obblighi di cui al presente decreto è punito ai sensi dell’articolo 650 del codice penale, come previsto dall’art. 3, comma 4, del decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6

Con DPCM del 9 marzo ’20 è  stato previsto all’ Art. 1. Misure urgenti di contenimento del contagio sull’intero territorio nazionale:

“1. Allo scopo di contrastare e contenere il diffondersi del virus COVID-19 le misure di cui all’art. 1 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 8 marzo 2020 sono estese all’intero territorio nazionale.”

 Anche le sanzioni del DPCM dell’8 marzo 2020 si applicano ai divieti ed obblighi derivanti dall’estensione all’intero territorio nazionale.

Tant’è che nel modulo di autocertificazione (scarica il modulo  qui)   predisposto dal Ministero dell’Interno si richiama proprio detta sanzione (a parte che se si dichiara il falso circa sussistenza di ragioni che legittimano spostamenti previsti dal DPCM – quali esigenze lavorative, situazioni di necessità e motivi di salute – si applicano le sanzioni previste dall’art. 76 DPR 445 del 2000 e l’art. 495 cp “falsa attestazione o dichiarazione a pubblico ufficiale”).

Quindi il mancato rispetto di divieti ed obblighi individuali previsti dal combinato disposto dei due  DPCM  costituisce reato a cui  si applicano le sanzioni previste dall’art. 4. salvo che la condotta non costituisca più grave reato (si immagini il caso di un individuo positivo che ben sapendo ciò non rispetta le restrizioni e divulga il virus…).

  • La previsione del reato ex art. 650 cp salvo altri

L’art. 650 cp che prevede “inosservanza dei provvedimenti dell’autorità”:

“Chiunque non osserva un provvedimento legalmente dato dall’autorità giudiziaria per ragioni di giustizia o di sicurezza pubblica o d’ordine dell’autorità per ragioni di giustizia o di sicurezza pubblica o d’ordine pubblico o d’igiene è punito, se il fatto non costituisce più grave reato, con l’arresto fino a tre mesi o con l’ammenda fino a euro 206.”

L’art. 650 cp tecnicamente è una  contravvenzione  ossia di un reato punibile con le pene dell’arresto e dell’ammenda (altra specie di reato è il delitto – specie più grave di reato – punito con reclusione e multa).

Ma la dizione di ammenda, multa o contravvenzione è ingannevole:  le dizioni ammenda,  multa vengono usate nel linguaggio comune per indicare tutte le sanzioni pecuniarie anche quelle previste per le violazioni amministrative.

Il linguaggio comune e atecnico  è insidioso e non aiuta…anzi complica le cose!!

Infatti:

  • una cosa sono le sanzioni pecuniarie derivanti da violazioni amministrative previste da specifiche disposizioni legislative  che tutelano la funzionalità e l’applicazione legislativa in specifici settori collettivi o specifici
  • altra cosa sono le ammende e multe previste come pene pecuniarie quindi  come sanzioni per i reati (che si dividono come visto in delitti e contravvenzioni) ai quali l’ordinamento riconduce la tutela di un importante interesse collettivo – per retribuzione della violazione ma con funzione di deterrenza affinchè non si violino – imponendo pene gravi (arresto e reclusione e sanzioni pecuniarie)

Nel nostro caso l’ammenda è la pena pecuniaria prevista in alternativa all’arresto come sanzione penale per la commissione del reato (contravvenzionale) di cui all’art. 650 cp.

  • Riflessioni sulla previsione di reati e finalità.

Da ciò due riflessioni:

1- la violazione delle previsioni dei DPCM è un reato penale .

Anche se il reato ex art. 650 cp è contravvenzione punita con la pena alternativa (dell’arresto o dell’ammenda..) tuttavia è necessario pur sempre un procedimento penale che accerti la violazione ed irroghi la pena proporzionata.

L’ipotesi di applicazione dell’oblazione ex art. 162 bis c.p.  prevista per le contravvenzioni punite  con pene alternative –   ove ammessa dal giudice in presenza dei presupposti specifici ed effettuato il pagamento determinato dall’imputato conduce il giudicante a dichiarare l’estinzione del reato – non ne sminuisce l’essenza o  la gravità.

 

2– la previsione di una sanzione penale dell’arresto e dell’ ammenda a tutela dei provv.ti dei DPCM succitati – salvo la sussistenza di più gravi reati –  comporta che l’interesse tutelato dall’Ordinamento è tra quelli primari. In particolare le norme in questione tutelando diritti collettivi e generali in materia sanitaria e d’igiene le protegge con la sanzione penale con finalità di  retribuzione per il reato commesso  ma anche con funzione di prevenzione generale e  deterrenza dalla violazione.

 

  • Sul rispetto delle regole e sulla giustizia…

Il rispetto delle norme non diventa solo un imperativo etico di rispetto dell’altro…ma anche in caso di violazione un reato.

Gli interessi tutelati con i reati nel ns caso sono generali e quindi ultraindividuali, ultraegoistici ed indisponibili alla volontà dei cittadini ed in quanto tali  meritano  tale specifica protezione.

Ma a  vedere le immagini circolate sui social della moltitudine di nostri concittadini che non rispettando le norme favoriscono il propagarsi del contagio si pensa che c’è poco senso di rispetto delle norme.

Vale la pena ricordare e riflettere che il senso della legalità e della giustizia nasce, cresce e si approfondisce non con elaborazioni teoriche e neppure  (forse…)  con la previsione di reati …ma (paradossalmente!!) da un concreto atto di ingiustizia.

 

Mi spiego: ci rendiamo conto compiutamente che quanto vogliamo circa la giustizia ed il rispetto delle regole nei nostri confronti vale anche per gli altri..solo quando …e (ripeto!!) solo quando ..subiamo un atto di ingiustizia…

 

Violazioni DCPM anti-coronavirus: dall'art.650 c.p. fino ad Eraclito, stravaganti riflessioni su regole e Giustizia
Eraclito di Efeso (Turchia), filosofo presocratico della scuola Ionica vissuto tra il VI e V secolo a.C.

Infatti: “Se non ci fosse l’INGIUSTIZIA della GIUSTIZIA non si conoscerebbe neppure il nome “ (Eraclito)

Proprio a partire dal sentimento di ingiustizia si genera quello della giustizia.

 

Solo allora comprendiamo veramente che è giusto e sacro non fare agli altri ciò che non vorremmo fosse fatto a NOI.

 

E ciò non è solo un precetto biblico ma è per antonomasia il “cuicuque suum“  – dai primordi della storia ad oggi unito all’ ”alterum non laedere” – la regola aurea basilare di ogni concetto di giustizia.

 

Concetto di giustizia che può applicarsi alle più varie e complesse situazioni della vita e che pervade ogni aspetto esistenziale e si prolunga in tutte le dimensioni ed espressioni del diritto, della legge, del giudizio…fino a toccare i diritti universali e fondamentali della persona umana e dei popoli.

 

* Pasquale Lattari
Avvocato  penalista del Foro di Latina