Udienza ai tempi del Covid

TRA IRONIA E SCONCERTO, LO SPACCATO DI UNA GIORNATA DI COMUNE PANDEMIA (ANCHE) IN UN PALAZZO DI GIUSTIZIA

Entro in Tribunale, giustifico la mia presenza e la mia stessa esistenza, tiro fuori il tesserino, abbasso la mascherina per dimostrare che si – sono proprio io – rialzo la mascherina per dimostrare che rispetto il dpcm di turno, il tutto fermandomi sugli adesivi di posizione, che sennò – si sa – è peggio che pestare le righe tra le mattonelle.

Arrivo all’aula e c’è da aspettare. Riesco in corridoio e mi dirigo verso il bagno. Panico della guardia giurata: “LEI DOVE VA?!? non può andare nelle cancellerie o negli altri uffici! può andare solo alla sua udienza”.

Sospiro, sorrido (in fondo si vede dagli occhi se stai sorridendo) e gli spiego che come ogni mammifero espello urina con regolarità e questo indipendentemente dal Coronavirus.

Mi guarda, sospira pure lui, tira su un fogliaccio con su scritto – sbiadito – “protocollo di accesso agli uffici”,  e leggendolo mi dice che, una volta consentito l’accesso agli avvocati agli stessi saranno permessi solo gli spostamenti “strettamente inerenti l’espletamento dell’incombente”. Mi guarda esasperato: è chiaro che non ha capito  che deve fare e tanto meno ha capito il protocollo.

Gli dico, soave per non urtare ulteriormente un sistema nervoso già di per sé precario “preferisce che le pisci in aula?”

Abbiamo così stabilito che urinare è uno spostamento strettamente inerente l’espletamento dell’incombente.

E’ così che nasce la Giurisprudenza.

Sara Fusi Serangeli