“Stupido è chi lo stupido fa.” (dal film Forrest Gump)
Sei una bambina di terza elementare, stai male, ti viene da piangere ogni mattina, ogni santa mattina prima
di andare a scuola. A qualcuno diresti: «Tu hai idea di che cosa si prova a vedere un foglio dove, ti dicono, ci
sono molti errori e tu vedi solo tutto perfettamente corretto? Hai idea di cosa si prova quando vedi che
tutti abbassano la testa e tu non sai nemmeno da che parte cominciare? Di cosa senti in gola quando
vorresti proprio farle, quelle cose, ma non hai la minima idea di dove sia I’inizio di tutto?»
Lacrime… caldissime lacrime che, invece di uscire dagli occhi, senti in fondo alla gola e ti chiedi perché…
perché tu non vedi le cose che tutti gli altri vedono, tu non sei come loro, la tua mano non è veloce come la
loro… e allora cominciano quelle cose strane: la testa gira, fa male, la devi tenere, devi appoggiarti alla
mano per fermarla; fa caldo, ma perché fa così tanto caldo all’improvviso? Vedi tutto ombrato, ti strofini gli
occhi ma non passa; lo stomaco si muove, si muove tutto, hai dolori strani e la saliva aumenta in bocca
come quando devi vomitare dal mal di pancia; le gambe tremano, pizzicano sulla sedia e vibrano in modo
strano; la testa ti prude, ti gratti e i capelli sono bagnati, forse hai la febbre…
“Ma se adesso lo dico alla maestra non ci crederà, dirà che sono la solita somara, la solita scansafatiche,
quella che di lavorare non ne vuole proprio sapere, quella che invece di studiare chissà cosa fa… la
somara!!!” Questi non sono attacchi di panico, quelli veri, per fortuna! È pura e semplicissima ansia, paura
di non farcela ancora una volta, di non essere all’altezza, di prendere la solita sgridata… e purtroppo tutti
quei malesseri non riesci a fermarli, partono da soli, tu non vuoi stare sempre male eppure ti senti così! E ti
affliggi ancora di più perché la maestra penserà che tu Io stia facendo apposta… ecco ora lo sta pensando…
e qui, almeno a me, arrivava inevitabilmente il pianto che è stato motivo di presa in giro per anni sia a
scuola che a casa.
Anche gli zii mi prendevano in giro per il fatto che piangessi sempre… sempre… sempre… I compagni mi
evitavano: una somara che piange sempre chi la vuole? Nessuno!!!
Questo è un racconto piuttosto sconclusionato, confuso, disordinato ma mi è uscito come se fossi in quella
classe… trent’;anni fa!
Il DSA non è un handicap. Mi chiamo Lucia, ho quarantasette anni e sono dislessica. Sono una
logopedista specializzata in DSA. Capisco e conosco perfettamente il dolore che si prova, Io sconforto che si
avverte, la sensazione che ritorna a distanza di tempo ma la possibilità di scoprire che il mio Q.I. è
“normale”, che sia superiore o meno rispetto alla norma (e il mio non lo è di sicuro!), è stata la molla che ha
fatto scattare in me la capacità di vedere TUTTE le possibilità che avevo. È sicuramente vero che la
sofferenza non si dimentica ma è anche vero che la si elabora se la si comprende.
Quando penso che a ventiquattro anni non ero nemmeno diplomata, che sono stata bocciata a scuola due
volte, che la vergogna per non essere nella classe dei miei compagni ma in quella di mia sorella più piccola
di un anno era enorme… non mi viene da pensare:”Mamma mia che handicap che ho” ma sicuramente mi
viene di pensare “Ah… se I’avessi saputo prima, quanta sofferenza inutile avrei evitato”.
Non nascondo che quando ho capito di essere DSA la prima reazione è stata il desiderio di andarlo a dire a
tutti i compagni “stupidi” che mi prendevano in giro, all’insegnante di economia e diritto che aveva come
scopo nella sua vita massacrare la mia (e ci è riuscita visto che ho lasciato la scuola dopo un gesto
esasperato nei suoi confronti alla fine di un’interrogazione!!), di chiamare le mie vecchie amiche e dir loro:
<<Sapete, non ero stupida ma solo dislessica>>, di dirlo a mia mamma che purtroppo stava già male
(Alzheimer grave) e non avrebbe capito il mio tornare indietro con i ricordi, di dirlo alle mie cugine che
tanto si vantavano di essere le intelligentone della famiglia… Non nascondo che il desiderio c’è stato ed è
durato qualche settimana.
Poi la mia prospettiva di vita è cambiata. Ho capito che saperlo prima mi sarebbe stato d’aiuto ma io ero
riuscita a farcela. Ho però anche capito che la questione diventava fondamentale per chi non era riuscito a
farcela, per chi aveva mollato la presa, chi si era arreso all’evidenza, aveva abbandonato tutte le speranze
ed era andato a fare l’artigiano (non come scelta ma SOLO come ripiego).
E ho capito che avrei dovuto e potuto fare di più per i miei piccoli bimbi con i quali lavoro.
La sensazione di sollievo che si prova quando ti senti dire che: «Non sei stupida…sei DSA e hai fatto
veramente tanto pur avendo grosse difficoltà» è enorme, grandiosa, impagabile, se la vivi per quella che è.
E ciò è la risposta a tutte le domande che per anni ti sei posta. I commenti della docente di Economia e
Diritto (che mi offendeva personalmente perché pensava fossi una strega, brava a parlare per difendermi,
brava a vestirmi in modo carino con minigonne e pants, brava ad usare i primi veli di trucco… ma ben poco
avvezza allo studio perché somara) mi hanno perseguitata per anni: la rivedevo ovunque, dal salumiere, in
farmacia, era un vero incubo. Quando ho capito, ho provato solo pena per una che, come lei, non dico che
avrebbe dovuto capire la dislessia, ma era stata proprio incapace di tirare fuori il meglio da me, una
studentessa come tutte le altre.
Furono le sue offese continue a farmi fare quella sciocchezza immane che mi costrinse a lasciare la scuola e
trovarmi un lavoro. Io sono stata felice di sapere perché ho avuto modo di capire, conoscere, affrontare e
rimediare (anche facendo le giuste scelte per il futuro).
E la consapevolezza che l’intelligenza c’è, mi lenisce di gran lunga il dolore, il senso di inadeguatezza che
potrei provare non sapendo. È una questione di vissuto personale, credo…e di conoscenza. Il DSA,
conoscendolo, lo puoi gestire e far capire agli altri (sempre che ne valga la pena, ovviamente!). La fatica,
I’uso delle strategie sono cose che tutti facciamo, chi per un verso chi per un altro… ci sono molti tipi di
difficoltà non riferibili ai DSA che devono essere gestiti in un determinato modo: è la cosiddetta “diversità”.
E il fatto che per altri le cose siano più semplici deve solo farmi pensare che anche io riesco a fare
facilmente e velocemente molte cose che per altri risultano difficili e lente. Sono le caratteristiche di
ognuno di noi. E’ il bello della diversità, della varietà umana, fortunatamente! ! !
P.S. lo sono anche disgrafica grave: vorrei tanto riuscire a fare un disegno “accettabile” ma puntualmente
mi ritrovo a fare, un’altra cosa… che mi riesce molto meglio!!
P.P.S. Questo è un argomento che mi sta molto a cuore. Lo scopo della mia vita oggi è essere positiva per i
nostri bambini. Quelli che si rivolgono a noi devono trovare quella possibilità che è stata loro tolta da chi
non ha capito o non ha voluto capire.
Storia di Lucia Fusco