Voglio raccontarvi la mia storia e la inizio dal finale.
In questo momento non mi trovo nella mia casa, nella mia camera, bensì in un’altra città perché sto seguendo un corso per diventare tutor DSA.
Vi chiederete sicuramente in molti come mai questa cosa. Soprattutto, Voglio iniziare raccontandovi un aneddoto.
Il primo giorno di corso la docente, una logopedista, ha voluto che noi ci presentassimo. In che modo?
Ci ha chiesto di raccontare un nostro punto di forza e una nostra debolezza. Dopo una prima presentazione del mio nome, del mio studio, ho detto che una mia debolezza, ma che adesso sta diventando il mio punto di forza, è il mio essere DSA.
Proprio così, dalla dislessia alla discalculia, disortografia, un po’ di tutto. Mi trovo adesso a iniziare questo percorso perché dopo anni di sofferenze e sacrifici sono arrivata all’università e sto per laurearmi nella triennale di psicologia per poi continuare questo lungo percorso.
In particolare la specialistica la sto scegliendo anche con l’obbiettivo di poter lavorare con ragazzi DSA e prima di poter fare ciò sto seguendo questo corso per poter cominciare da subito. Perché chi meglio di in dislessico, discalculo o DSA in generale può aiutare un altro DSA?
Chi meglio di una persona che vede il mondo con gli stessi occhi può aiutare un ragazzo o un bambino che ha vissuto le mie stesse esperienze e le mie stesse difficoltà?
Man mano tornerò indietro nel racconto perché sicuramente il percorso scolastico non è stato semplice. Anzi, è stato un percorso scolastico travagliato, tra maestre e poi professori che affermavano che la dislessia non esiste o era addirittura un handicap.
Se mi trovo in questo punto della mia vita è perché, grazie alla mia famiglia sono riuscita ad andare avanti perché sono stata sempre supportata e in particolar modo vorrei raccontarvi anche una storia analoga, cioè la storia di mio padre, anche lui dislessico, disgrafico e disortografico.
Lui ovviamente essendo la dislessia è DSA in generale una scoperta recente, ha creduto tutta la vita di essere stupido, di essere un asino e di essere incapace, ma nonostante ciò, è riuscito a laurearsi. E l’esempio più grande è questo.
Lui, come tantissime altre persone con disturbo dell’apprendimento, è riuscito ad arrivare lontano. Quindi se è riuscito lui senza nemmeno saperlo, senza avere gli strumenti compensativi disponibili al giorno d’oggi, ce la possiamo fare tutti.
Questa per me è stata una grande forza, un grande motivo per andare avanti, e di non mollare mai. In più mi viene da dirvi che sono stata anche fortunata perché nonostante questo mio contesto familiare la mia diagnosi è venuta fuori abbastanza presto: già dalle scuole elementare.
Dunque questa cosa mi ha aiutato a vederla, si come una difficoltà ma non come qualcosa di brutto ad esempio essere stupida o non arrivarci, ma vedevo il mondo con altri occhi. Mi viene così da definire il DSA.
Mi viene da riportare un esempio molto bello che mi è stato fatto in cui l’obiettivo da raggiungere è lo stesso: facciamo il caso che dobbiamo arrivare all’università. C’è chi prende la macchina, chi la bici, chi lo skateboard.
Sicuramente chi prende la macchina arriverà più velocemente e con meno fatica. Quindi, un normolettore. C’è chi prende la bicicletta e già fa più fatica. Lo skateboard ancora di più.
E questo è quello che succede per un dislessico. L’obiettivo da raggiungere è lo stesso e lo si raggiunge attraverso strumenti diversi.
E quindi come già tutti quanti siamo diversi tra di noi, a maggior ragione lo è un DSA e un non DSA. Questa è una immagine che mi portò avanti e con la quale mi piace guardare la mia diversità intesa come una mia caratteristica individuale.
Solo grazie a tutto questo modo di vedere sono riuscita ad andare avanti e affrontare quei professori che ti isolavano o quei compagni che ti prendevano in giro e tutti quelli che non riuscivano ad andare oltre i loro paraocchi e oltre l’orizzonte.
Storia di Aurora Pace