“Sono a Rio e stando qui mi ricordo tutte le vicende che ho vissuto per arrivare a vivere un sogno”.
Comincia così la sua presentazione, il racconto col quale Emanuele Di Marino partecipa a noi, osservatori ammirati e ancora troppo estranei al suo mondo di atleta, l’emozione e l’attesa, i ricordi e le aspettative di questi giorni per lui così importanti.
Emanuele ha 27 anni ed è atleta paralimpico, specialità atletica leggera.
E’ nato a Salerno il 9 febbraio 1989 con una malformazione congenito-genetica che prende il nome di ‘piede torto’ (PTC). Da appena nato è stato, perciò, costretto a portare il gesso per tutta la lunghezza della gamba sx fino all’età di 7 mesi, età in cui fu operato dal prof. Carlo Marmo (vedi e indica…). “…persona che stimo e che stimerò sempre per tutta la mia vita per avermi ridato la possibilità di camminare e correre”.
Dalle sue parole si capisce tutto l’amore e il coraggio che ha ricevuto dalla sua famiglia, papà Raffaele, mamma Antonella. Perché ha sempre praticato sport, Emanuele, “…incitato soprattutto dai medici e dai miei genitori, che mi hanno seguito passo dopo passo in questo percorso… Sono stati i miei primi tifosi e i miei primi coach, non mi dimenticherò mai del lavoro svolto da loro con pazienza e amore.”.
Spirito combattivo e tenacia da vendere: “Soprattutto non mi sono mai arreso davanti a nulla. Quando ho iniziato a fare atletica sembrava tutto difficile, erano in molti a pensare che non avrei mai potuto farcela. Chi mi vede ora, quasi non si accorge della disabilità, ma questo è stato possibile grazie alle ore ed ore passate ad allenarmi e a cercare di fare le cose che proprio non riuscivo a fare”.
Nel 2011-2012 scopre il mondo dell’atletica paralimpica e da allora nasce il sogno, l’obiettivo da perseguire, giorno dopo giorno, quello di partecipare ad una Paralimpiade. Così, il lavoro, la tenacia, il coraggio hanno reso la méta possibile, poi sempre più vicina, fino a toccarla e vivere – oggi – quello che ha smesso di essere un semplice sogno. Pure, l’obiettivo era fallito nel 2012, per questioni relative ai regolamenti di ammissione, modificati in senso favorevole solo dopo quell’olimpiade di Londra. Da lì gli è stato riconosciuto il diritto di atleta paralimpico con assegnazione alla categoria T44 (atleti con amputazione o deficit al di sotto del ginocchio in un solo arto).
Nell’inverno del 2013, durante una gara indoor, l’incontro con Arjola, anche lei atleta paralimpica, categoria T11 (atleti con deficit sensitivo). Insieme si allenano e faticano ma la fatalità, il rischio di non farcela è sempre dietro l’angolo.
Pessimo, infatti, anche l’inizio del 2015 quando, a un mese dai campionati mondiali di Doha, in Qatar, Emanuele si infortuna al ginocchio sx e le gare, quando le gare sono ormai imminenti… Al rientro in Italia viene subito operato e con grande pazienza riesce incredibilmente a bruciare le tappe, a recuperare e riprendere gli allenamenti verso fine gennaio. A Giugno 2016, ai Campionati Europei paralimpici di Grosseto, vince le sue prime medaglie internazionali nei 400 mt (categoria accorpata dove purtroppo gareggia anche con chi ha due protesi al disotto del ginocchio, il che rende l’impresa molto molto difficile) e nella staffetta 4×100.
Grazie a questi risultati è riuscito a guadagnarsi, insieme ad Arjola, l’accesso al traguardo delle Paralimpiadi di Rio, a raggiungere quel sogno che vale tutto: oggi, qui, i grandi traguardi sono già raggiunti.
E da qui alla fine dei Giochi, è possibile a seguire giorno per giorno le storie, le imprese, la vita del villaggio a Rio, insieme ad Ariola ed Emanuele anche su www.coppiadeisogni.it