EPICENTRO COVID-19 – Confermato dal Sindaco Gori, a Bergamo il numero delle vittime va oltre i dati ufficiali * Esaurita in città la disponibilità di posti di terapia intensiva * Una voce dalla “città martire” della pandemia, sulle ragioni di una catastrofe impensabile.
Paolo Barcella, professore di Storia Contemporanea all’Università di Bergamo, è autore di un articolo pubblicato di recente dall’edizione online de ‘Il Mulino’ in cui si cerca di spiegare le ragioni che abbiano fatto di Bergamo la città più colpita dal contagio coronavirus, tanto da meritare la dolorosa definizione di ‘città martire’ della pandemia.
Come spiega anche ai microfoni di Radio Uno, intervistato da Giovanni Acquarulo, Barcella fa riferimento alla Bergamo di oggi, paragonata – da un suo amico settantenne – alla città di Sarajevo e all’immagine da lui già vissuta per quattro anni, assediata dal ’92 durante la guerra in Bosnia ed Erzegovina.
Già spaventa il semplice sentir descrivere l’atmosfera che si respira nell’area epicentro del contagio, scenario che si fa epocale e che tutta Italia ha conosciuto commossa attraverso le immagini dei camion a trasferire a decine le salme dei deceduti, rimasti fino all’ultimo inavvicinabili per i loro stessi parenti.
“Stiamo vivendo un clima terrificante e che nessuno di noi avrebbe potuto immaginare fino a pochi dieci giorni fa. Il silenzio è interrotto solo dal passaggio delle ambulanze che nei giorni di picco, tra il 7 e 8 marzo, sono giunte a passare fino a una ogni 6-7 minuti per le vie del centro, dirette all’ospedale di Alzano. Medici costretti a situazioni impressionanti, una realtà fuori controllo”.
Prosegue, Barcella, un racconto impietoso: “Abbiamo tutti dei morti da contare nelle nostre reti personali e raccogliamo quotidianamente notizie relative a famiglie che hanno nuove persone che sono state contagiate, siano genitori di amici, conoscenti e collaboratori più o meno stretti: un clima che si fatica a credere reale”.
La riflessione si sposta a descrivere il tessuto umano e produttivo della città. Muove su dati molto concreti che spiegano tanti aspetti della drammatica realtà.
A cominciare dall’aeroporto di Orio al Serio, il 3° d’Italia per volume di traffico, con decine di migliaia di persone ogni giorno con i voli low-cost. Ma se Malpensa dista 30 km. da Varese, da Orio ne bastano appena 3 per raggiungere il centro di Bergamo. Così, anche il viaggiatore più occasionale non rinuncia a fare anche una sosta lampo in una delle città più storiche e belle d’Italia. “In più – prosegue Barcella – la val Serina, con località fra Alzano e Astino oggi al centro del contagio, è tra le più produttive d’Europa, annovera centinaia e centinaia di aziende collegate al resto del mondo. E’ da queste che si sono registrate non poche resistenze, prima di operare la disposta chiusura…”.
Vitalità culturale, dinamismo, i tratti più preziosi per una comunità leader di crescita in Europa, sono forse oggi il primo fattore di rischio , il più pericoloso vettore del contagiio.
La forza di una città, unita al suo prezioso territorio, è chiamata alla prova più grande. Tutt’Italia con lei, a dare corpo e coraggio alla voglia di uscirne, anche migliori, più presto che si potrà.
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