“Da quando ho cominciato ad esercitare in proprio, mi sono detta che sta a noi, ora più che mai. Dobbiamo impegnarci, sentirci coinvolti per un unico fine che non può che essere di difesa e rivalutazione della nostra professione.”
A parlare è Chiara De Simone, figlia d’arte, convinzione e personalità. Quella stessa che la rende, oggi, la più giovane dei delegati per il foro di Latina al Congresso Nazionale Forense, a Rimini dal 6 all’8 ottobre.
“In particolare da quando mi sono avvicinata alla ‘filosofia’ di Movimento Forense, l’associazione in cui mi sto impegnando con la presidenza di Alessandro Paletta, mi sto rendendolo conto di quanto sia importante la formazione e come questa sappia mantenersi di livello.
“Movimento Forense”, l’associazione è ormai una realtà anche per Latina. Da quando?
In sede nazionale esistiamo dal 2007, oggi presidente Massimiliano Cesali, Bruno Agresti Segretario. La sezione di Latina è nata a gennaio di quest’anno e possiamo già vantare un bell’entusiasmo e gradimento fra i colleghi per le prime nostre iniziative a cominciare dal convegno di gennaio su “Compensazione dei crediti da patrocinio a spese dello Stato con le imposte”, un bel successo di adesioni. Apprezzo molto lo spirito proposto dall’associazione che è sicuramente votàta alla formazione ma con lievità e perfino capacità di rendere piacevoli e divertenti le possibilità di incontro e confronto che scaturiscono dalla nostra professione. Ci proponiamo così di operare sempre su temi di massima attualità come, ancora, abbiamo fatto promuovendo incontri per supporto ai colleghi in tema di nuovo processo civile telematico.
Come si rapporta la vostra attività con lo scenario forense a livello nazionale?
Constatiamo innanzitutto una eccessiva commistione del CNF con l’OUA, il che non garantisce a sufficienza la rappresentatività per l’avvocatura, che vede impedito un serio confronto su temi di grande rilevanza. Cito, ad esempio, la possibilità di assistere ad ‘aperture’ verso la prospettiva di introdurre la figura del socio di capitali anche all’interno dello studio legale, col rischio dell’introdursi nel nostro ambito professionale quasi un elemento spurio e di difficile collocazione: ecco, di questi scenari, su queste realtà, l’avvocatura deve poter acquisire maggiore spazio decisionale che oggi davvero non sembra avere. Ancora, sempre a proposito dell’OUA, siamo per l’elezione diretta del Presidente e della Giunta, naturalmente con opportuno contrappeso della possibilità di sfiducia. Oggi, invece, il Presidente non viene eletto dai delegati e le linee generali consentono di procrastinare a tempi successivi all’insediamento anche un elemento cardine di tutta l’azione, ovvero proprio l’enunciazione dei programmi. Con l’elezione diretta dovrebbero essere proprio le indicazioni sui programmi quelle che verrebbero manifestate e valutate sin dall’inizio.
In sostanza, ci si trova dinanzi – quasi – una specie di spartiacque nei rapporti fra CNF e OUA?
E’ sicuramente la rivendicazione di un ruolo politico che l’Avvocatura deve assumere con sempre maggior forza nella dialettica forense, sottrarsi – insomma – ad un vincolo eccessivo imposto, di fatto, dal CNF.
Veniamo propriamente al Congresso Forense di Rimini: quali contenuti vedi prevalenti nelle giornate riminesi?
Assumerà sicuramente rilievo centrale la discussione sulla conformazione dell’organo di rappresentanza politica dell’Avvocatura. Movimento Forense è consapevole dell’esistenza di una proposta che proviene dall’Agorà degli Ordini Forensi, ma si presenta al Congresso con una propria mozione, radicalmente diversa dalla mozione Agorà. Movimento Forense, infatti, rivendica per l’Organo di rappresentanza politica dell’Avvocatura la massima autonomia dal CNF.
L’Associazione di cui faccio parte si presenta, inoltre, al Congresso con rilevanti mozioni politiche relative al rafforzamento del patrocinio a spese dello Stato. Al preventivo scritto da sottoporre al Cliente (da noi avversato) e alla disciplina de socio di capitali negli studi legali, che Movimento Forense chiede essere rigorosissima, a piena tutela della libera professione.
E’ in gioco, insomma, la vera partita dell’Avvocatura per una effettiva autodeterminazione di ruolo.
Sicuramente occorre tenere bene presente il rischio che c’è di uno scadimento senza controllo della professionalità dell’avvocato. Quando si parla di riqualificazione, bisogna davvero che questa sia ad ogni livello, anche di credibilità nell’approccio a normative e riforme che talvolta sconcertano e mettono in primis l’avvocato,operatore di diritto, in difficoltà raddoppiate dall’inadeguatezza dell’intero sistema giudiziario. Ecco perché – tanto per guardare al mio particolare – non m’è poi spiaciuto più di tanto sottopormi all’esame per cassazionista (non rientrando, per pochi mesi, nella ‘vecchia previsione’ che consente l’iscrizione all’albo speciale sulla scorta di maturati 12 anni di professione). A parte il rammarico che direi naturale, mi son detta che, anche in questo caso, è in effetti un bene qualificarsi attraverso un verificato rigore che diventa garanzia di professionalità e sane regole per tutto il sistema.
Peraltro, aggiungiamo noi, ancora più onorevole il brillante superamento dell’esame della neo-cassazionista!
Come vedi il ‘nostro’ futuro di avvocati?
All’insegna sempre più della coerenza delle scelte di noi professionisti. Se ricerchiamo la conferma e l’ottimizzazione delle regole del processo, altrettanto dovremo impegnarci per una categoria forense aderente alle esigenze del territorio, ai temi che coinvolgono il vivere civile, perché noi avvocati ne siamo gli interpreti indispensabili. L’impegno è riuscire a confermarci costantemente: sempre in grado di giocare degnamente il ruolo primario dell’avvocato.
Hello. And Bye.