Proponiamo integralmente l’articolo di Beatrice Migliorini apparso su It Oggi e già ripreso dalla Newsletter dell”OUA. Il tema di un nuovo giornale al servizio dell’avvocatura apre sempre molti spunti di utile riflessione. A cominciare dai risvolti economici dell’operazione.
Dalla RASSEGNA STAMPA OUA del 9 luglio 2016
ITALIA OGGI
L’inchiesta di ItaliaOggi sull’iniziativa editoriale messa in campo dal Consiglio nazionale forense
Gli avvocati pagano il conto de Il Dubbio
Tre euro l’anno per ciascun iscritto al singolo Ordine di appartenenza. Questa la proposta di abbonamento annuale che il Consiglio nazionale forense ha presentato per promuovere sul territorio l’iniziativa editoriale «Il Dubbio», quotidiano generalista edito dalla società edizioni Diritti e Ragione srl costituita il 10 dicembre scorso su impulso della Fai, la Fondazione dell’avvocatura italiana, per il quale è stato stanziato, dal Cnf, l’ammontare complessivo di 1.100.000 euro (si veda ItaliaOggi di ieri).
Il meccanismo di base, poi aggiustato in corso d’opera da alcuni ordini attraverso la scelta di versare solo la cifra corrispondente agli abbonamenti richiesti, prevedeva che il Consiglio di ciascun ordine deliberasse di effettuare una spesa complessiva frutto della moltiplicazione dei tre euro per ciascun iscritto. Esborso che, in via indiretta sarebbe andato a gravare sui singoli legali degli ordini. Questi, infatti, ogni anno versano una quota di iscrizione di cui, una parte (la maggiore) è trattenuta a livello locale. Una cifra che, nel caso di specie, sarebbe stata usata per la sottoscrizione degli abbonamenti «in blocco». La parte minore della quota, invece, è versata al Cnf che, a sua volta, ha utilizzato tali introiti, o le rendite di eventuali investimenti di queste, per finanziare il giornale. Ogni avvocato, quindi, avrebbe sostanzialmente pagato due volte. Il tutto senza avere espresso in modo diretto il proprio interessamento al giornale, cosa che, in base a quanto emerso da alcune delibere degli Ordini (Milano, Firenze, Bari e Bergamo tra i primi) non hanno avuto modo di fare nemmeno i singoli presidenti locali che sono stati messi a conoscenza dell’iniziativa del Cnf sostanzialmente a giochi fatti. In assenza di delibera, invece, ciascun soggetto interessato avrebbe, comunque, potuto rivolgersi al rispettivo Coa per la sottoscrizione dell’abbonamento ad un prezzo vantaggioso. Un quadro di insieme a cui sono collegati almeno altri due profili critici: la tutela della privacy e la legittimità dell’operazione di per se stessa.
Il primo profilo. A seguito di una segnalazione dell’Ordine degli avvocati di Bari, il garante per la privacy è intervenuto senza lasciare possibilità di replica. L’abbonamento d’ufficio degli iscritti ai singoli ordini al giornale «Il Dubbio» è in contrasto con le regole sul trattamento dei dati personali. A tal proposito, infatti, il garante ha sottolineato come «l’abbonamento dei professionisti al quotidiano generalista può essere legittimamente effettuato solo previa acquisizione da parte della società editrice, quale titolare del trattamento, del consenso opportunamente informato, degli stessi che può essere acquisto anche per il tramite dei singoli Consigli dell’ordine». Problematica risolta, ferma restando la sottoscrizione degli abbonamenti alle cifre previste, con la possibilità di mettere a disposizione dei singoli iscritti la facoltà di scaricare giornale e non con l’invio diretto. Iniziativa formalmente corretta ma che, comunque, vede l’esborso per l’abbonamento gravare anche su chi al giornale non è interessato. E qui va delineandosi il secondo profilo critico, ovvero la legittimità dell’operazione di per se stessa.
Il secondo profilo. Per stessa ammissione del Consiglio nazionale forense, infatti, «Il Dubbio. Giornale garantista» è , si legge sul sito del Cnf, «rivolto alla cittadinanza e aperto al dibattito su tutti i grandi temi sociali, con lo sguardo volto ai diritti delle persone. Proprio degli avvocati». Un giornale, quindi, a tutti gli effetti generalista e sul cui sito internet è possibile anche reperire notizie di sport. Un’iniziativa che non ha delle caratteriste strettamente tecniche o finalità prettamente formative e che rischia di porsi in contrasto con le finalità statutarie del Cnf stesso, nonostante, formalmente il giornale faccia capo alla Fondazione dell’avvocatura italiana. Tale ente, a cui fa capo l’iniziativa editoriale e il cui presidente è Andrea Mascherin presidente dello stesso Cnf, infatti, è finanziato dal Consiglio nazionale e quindi, come si legge nella delibera sul punto dell’Ordine degli avvocati di Milano, «finanziato in modo diretto dai contributi degli avvocati iscritti agli albi riscossi dal Cnf stesso e dagli ordini circondariali. Contributo», ha sottolineato l’Ordine di Milano, «che può essere annualmente determinato dal Consiglio nazionale nei limiti necessari per coprire le spese della sua gestione al fine di garantire, quanto meno il pareggio di bilancio, così come previsto dall’art. 35.2 dell’ordinamento professionale. Il contributo», quindi, ha proseguito l’Ordine la cui tesi è stata condivisa in linea di principio anche dai colleghi di Bergamo, Firenze e Bari (più di 30 mila avvocati in tutto), «risulta essere necessariamente finalizzato al regolare svolgimento dei compiti e delle prerogative attribuiti al Cnf, tra i quali, però, non risultano investimenti in attività commerciali ed editoriali, essendo previste solo all’informazione sulla propria attività e sugli argomenti di interesse dell’avvocatura». A nulla rilevando a tal fine, «che lo statuto della Fondazione consenta di pubblicare, diffondere e commercializzare articoli, riviste e giornali dato che tale attività deve intendersi logicamente circoscritta alle finalità statutarie in sintonia con le finalità attribuite dalla legge al Cnf in materia di formazione per l’accesso e aggiornamento professionale». Problematica a cui si affianca la compatibilità dell’iniziativa con le legge sull’editoria. Se è vero, infatti, che «Il Dubbio» è gestito in tutto e per tutto dalla Fondazione dell’avvocatura italiana, è pur vero che il finanziamento alla Fai arriva solo ed esclusivamente attraverso dei conferimenti diretti da parte del Cnf che, così facendo, di fatto finanzia indirettamente l’iniziativa configurandosi come editore esulando dalla comunicazione di «informazioni sulla propria attività o comunque di interesse dell’avvocatura». Una veste che in quanto ente pubblico, così come definita dal Consiglio di stato, è in forse che possa rivestire. E proprio alla luce delle molteplici criticità emerse è stato chiesto l’intervento del ministero della giustizia da più fronti. Ad affiancare la richiesta di intervento diretto inoltrata dall’Ordine degli avvocati di Bari e dell’Anf nazionale, infatti, sono state depositate due interrogazioni parlamentari, una a firma del Movimento 5 stelle e una a firma del gruppo Misto – Alternativa libera possibile, senza che per ora il dicastero di via Arenula abbia dato alcun tipo di risposta né in un senso né nell’altro. Un silenzio che non può essere giustificato con l’ignoranza nei confronti dell’operazione dato che l’intervista che il presidente del Cnf ha fatto al ministro Orlando, in occasione del Congresso Aiga che si è svolto a Roma il 10 giugno scorso, è stata riportata integralmente proprio su «Il Dubbio».
Beatrice Migliorini