La dilaniante atrocità delle persecuzioni naziste non si ferma all’antisemitismo e alla ‘soluzione finale’ contro gli ebrei. Il nazismo ha significato anche lotta contro tutte le minoranze e le masse di popolazione non omologate a modelli e stereotipi dominanti nell’ideologia delirante del Terzo Reich.
La mostra che nel marzo 2017 portò al pubblico romano del Vittoriano, e poi in tutta Italia, l’operazione di resoconto e documentazione dalla Psichiatria italiana ed europea, ha svelato l’esistenza di un altro volto non meno tragico e sconvolgente dell’epopea nazista, intorno alla malattia psichica e, in genere, alle minorazioni fisiche di ogni tipo e genere. “Schedati, perseguitati, sterminati. Malati psichici e disabili durante il nazionalsocialismo” è il titolo che, per la nuova Giornata della Memoria, torniamo a richiamare dopo averne riferito nello Speciale di due anni fa. Oggi le pagine di LED ospitano foto e testi provenienti da quella esposizione ricca e dolorosa, che chiama in tutta la sua responsabilità il mondo scientifico del tempo: la Società Italiana di Psichiatria, curatrice della sezione italiana della mostra, e la Società Tedesca di Psichiatria (DGPPN) in collaborazione con la Fondazione Memoriale per gli Ebrei assassinati d’Europa e la Fondazione Topografia del Terrore Berlino.
Una grande ricchezza di materiali consentita dalla preziosa disponibilità dell’Ufficio Stampa della mostra che anche qui ci piace apprezzare e segnalare al pubblico dei lettori, specie a coloro che immaginiamo aver mancato l’eperienza diretta con l’allestimento itinerante in Italia. E’ grazie all’ampia documentazione resa disponibile alla stampa, che pubblichiamo senz’altro i testi originali e una s elezione del patrimonio fotografico della rassegna del Vittoriano. Consente un importante recupero di memoria. E, con quella, tutte le potenti sollecitazioni che giungono – intatte – alle nostre coscienze.
“Schedati, perseguitati, sterminati.Malati psichici e disabili durante il nazionalsocialismo”
(testi e fotografie dalla mostra itinerante - sezione italiana, aperta fra 2017 e 2018 da Roma a Venezia, Genova e Milano).
Il primo conflitto mondiale 1915-1918
All’inizio della guerra gli psichiatri si erano proposti come coloro che potevano selezionare le persone inadatte a combattere. L’idea a cui facevano riferimento era quella della malattia mentale vista come una degenerazione della tipologia umana normale, trasmissibile in via ereditaria e con la tendenza a peggiorare di generazione in generazione. Ritenevano, anche sulla base delle teorie di Cesare Lombroso (1835 -1909), che la malattia mentale avesse una base costituzionale che si poteva individuare da certe caratteristiche fisiche dell’individuo. In base a questa lettura gli psichiatri tendevano a negarel’esistenza di traumi mentali direttamente causati dalla guerra.
L’eugenetica
Sulla scia dell’opera di Lombroso, già prima della guerra si era sviluppato, a livello internazionale, un ampio dibattito sull’eugenica (o eugenetica). L’eugenetica si basava sull’idea che la procreazione degli individui andasse controllata allo scopo di potenziare l’evoluzione di una popolazione e di impedirne il presunto deterioramento genetico. Una folta delegazione di psichiatri italiani partecipò al Primo Congresso Internazionale di Eugenetica, tenutosi a Londra nel 1912.
In Italia il movimento eugenetico si consolidò nel 1913, quando fufondato il “Comitato Italiano di Studi Eugenici”. La posizione degli psichiatri italiani non fu di cieca e totale adesione al dibattito internazionale. Ebbero infatti il merito di contrastare le teorie eugenetiche più radicali.
Nel 1923, in un testo intitolato “L’uccisione pietosa”, il Presidente della Società Italiana di Freniatria Enrico Morselli (1852-1929) respinse le pratiche di sterilizzazione forzata dei malati di mente attuate in quel momento negli Stati Uniti. Quanto all’ipotesi di arrivare a sopprimere le loro vite, considerate prive di valore, confessò di sentirsi disturbato nei suoi «sentimenti di uomo». A suo parere, l’eliminazione fisica di alcune categorie di malati di mente avrebbe costituito un’ecatombe «per fortuna assolutamente inattuabile».
Dopo la morte di Morselli nel 1929, nonostante la convinta adesione all’ideologia razzista durante gli anni della presidenza di Arturo Donaggio, la SIP continuò ad essere contraria all’eugenetica radicale.
Ritenevano, anche sulla base delle teorie di Cesare Lombroso (1835 -1909), che la malattia mentale avesse una base costituzionale che si poteva individuare da certe caratteristiche fisiche dell’individuo. In base a questa lettura gli psichiatri tendevano a negare l’esistenza di traumi mentali direttamente causati dalla guerra.
Ospedale psichiatrico di Liebenau, 1940
- Provenienza: Archivio della Fondazione Liebenau
Ci sono molte fotografie degli autobus che trasportavano i pazienti selezionati presso il luogo ove venivano uccisi nelle camere a gas. Probabilmente furono scattate di nascosto.
02. 03. Una delle 200.000 vittime: Magdalena Maier-Leibnitz 1916-1941
Prov. Proprietà famiglia Maier-Leibnitz
Figlia di una famiglia altoborghese, Magdalena frequentò il prestigioso
collegio di Salem ove iniziarono i suoi problemi psichici per un senso di inadeguatezza.
Ricoverata in vari istituti psichiatrici, fu uccisa il 22 aprile 1941.
Come a tutte le famiglie, anche ai suoi genitori fu inviato un falso certificato di morte.
04. Gruppo di bambini
Prov.: Archivio dell’Ospedale psichiatrico protestante di Alsterdorf, Amburgo, 1936
L’uccisione dei bambini (1939-1945)
Un’altra azione del regime era finalizzata ad eliminare i bambini disabili dopo averli sottoposti a spietate ricerche mediche.
Una delle 5000 vittime di questa azione fu la bambina Irma Sperling di Amburgo (al centro in piedi). Dopo il 1933, il padre di Irma perse il lavoro per motivi politici e la famiglia, impoverita, fu costretta a ricoverare Irma in un istituto per disabili.
Nel 1943 Irma fu trasferita in un “reparto speciale di pediatria” a Vienna ove morì un anno dopo, per un dosaggio letale di barbiturici.
05. Periti dell’Operazione T4 in gita “turistica”
Prov.: Bundesarchiv (Archivio di Stato della Germania federale), foto 162-679
(T4 dal nome della sede centrale del programma di uccisione a Berlino, Tiergartenstrasse 4)
Almeno 42 psichiatri e neurologi collaborarono spontaneamente agli omicidi in qualità di periti che dovevano selezionare i pazienti da sterminare. La valutazione di migliaia di pazienti fu per loro fonte di reddito aggiuntivo. Venivano pagati in base al numero di moduli valutati. – Quando visitavano gli ospedali psichiatrici per la selezione, talvolta coglievano l’occasione per fare delle gite turistiche portando con sé le loro mogli.
- L’ordine di Hitler, 1939
Prov.: Bundesarchiv (Archivio di Stato della Germania federale), RJM R3001 vol.24209
«Il Reichsleiter Bouhler e il Dr. med. Brandt sono incaricati…di estendere le competenze di alcuni medici da Loro nominati, autorizandoli a concedere la morte per grazia ai malati considerati incurabili,…, previa valutazione del loro stato di malattia.»
Questa comunicazione informale di Hitler, redatta sulla sua carta intestata personale, è l’unico ordine di uccidere i malati conosciuto. La lettera costituì il fondamento amministrativo degli omicidi di almeno 200.000 persone.
- Hartheim, centro di uccisione dell’Operazione T4, 1940
L’Operazione T4 fu la prova tecnica per l’uccisione di persone nelle camere a gas
attuata nella Shoa. – Si conosce un’unica foto del centro di uccisione di Hartheim
con il fumo che fuoriesce dal suo camino. Il fotografo, Karl Schuhmann, apparteneva
a una famiglia di oppositori del regime la cui fattoria era adiacente al centro.
Prov: © Karl Schuhmann
DALLA SEZIONE DELLA MOSTRA DEDICATA ALL’ITALIA
- Graffito sul muro del Padiglione Lombroso dell’Ospedale psichiatrico
di Reggio Emilia, realizzato tra il 1942 e il 1945-
Attestazione 14 giugno 1945
Noi sottoscritti (…), essendo a conoscenza cheil Signor P. nel 1944 venne ricoverato (…)
per malattia mentale, dichiariamo che il P.era nelle sue piene facoltà mentali, e che ha fatto
quanto fece solamente allo scopo di sfuggireai rastrellamenti dei nazi-fascisti (…).Graffito sul muro del Padiglione Lombroso ell’Ospedale psichiatrico di Reggio Emilia,
realizzato tra il 1942 e il 1945
Fotografie Paolo F. Peloso
Biblioteca dell’Archivio dell’ex Ospedale psichiatrico di Treviso
La difesa della razza (copertina)
Prov.: Biblioteca dell’Archivio dell’ex Ospedale psichiatrico
Il manifesto degli scienziati razzisti fu pubblicato nel primo numero della rivista, 5 agosto 1938. La rivista ebbe un’ampia diffusione nell’Italia prebellica. Negli anni Venti la psichiatria ufficiale si avvicinò progressivamente all’ideologia fascista, fino a sostenerla convintamente negli anni Trenta. Il presidente della Società Italiana di Freniatria dal 1919 al 1929, Enrico Morselli, fu tra i firmatari del “Manifesto degli intellettuali fascisti agli intellettuali di tutte le Nazioni” del 1925. Il manifesto, che raccoglieva le firme di una serie di esponenti della cultura italiana, stabilì il fondamento ideologico del fascismo. Al clima di adesione al fascismo fra gli psichiatri è dovuta la crescente retorica di regime nei discorsi introduttivi ai Congressi della Società Italiana di Psichiatria in quegli anni.
Oltre a rivendicare l’esistenza di razze umane, il Manifesto postula una razza ariana di cui quella italiana farebbe parte, con delle caratteristiche specifiche immutate «da mille anni». Si sottolinea che gli ebrei non fanno parte di tale razza italica. Tutte le razze non europee, e in particolare gli ebrei, non devono contaminare quella italica. Questa tesi rappresentò una presa di posizione inedita e radicale. Fino a quel momento una parte consistente della classe dirigente italiana era composta da ebrei. Vi erano ebrei anche tra gli esponenti della psichiatria italiana, come Cesare Lombroso, uno dei fondatori della Società Italiana di Freniatria, e Gustavo Modena (1876-1938 ) che nel 1938 fu vicepresidente della Società Italiana di Psichiatria.
Le Leggi Razziali
Gli italiani ebrei furono banditi dalla vita pubblica e espulsi dalle loro cariche professionali, i loro figli non poterono più frequentare le scuole pubbliche. I matrimoni “misti” furono vietati. In nome di queste leggi molti psichiatri e operatori psichiatrici, tra cui Gustavo Modena, persero il lavoro. Dopo l’occupazione tedesca nel 1943 alcuni di essi persero anche la vita. Giuseppe Muggia (1877-1944), direttore dell’Ospedale psichiatrico di Bergamo, fu arrestato nel dicembre del 1943 con tutta la famiglia ed ucciso con sua moglie ad Auschwitz. A partire dal 1940, sorsero in Italia numerosi campi di concentramento ove furono internati ebrei di nazionalità non italiana. L’occupazione tedesca, nel 1943, aggravò tragicamente la situazione. Nel campo di sterminio Risiera di San Sabba, a Trieste, furono assassinate oltre 5000 persone.
- Ospedale Sant’Artemio, Ospedale psichiatrico di Treviso
Prov.: Archivio dell’ex Ospedale Psichiatrico di Treviso
La guerra fu per i ricoverati nei manicomi, come per tutti, un’enorme tragedia. Circa 300 persone tra internati e operatori, tra cui una decina di psichiatri, morirono per diretta causa bellica. Complessivamente, tra le 24.000 e le 30.000 persone
ricoverate nei manicomi persero la vita. Morirono per mancanza di cibo e di medicine, per il freddo e il sovraffollamento. Nel triennio 1942-1945 il tasso di mortalità dei degenti era molto più elevato di quello della popolazione generale.
Tale sovramortalità non sembra dovuta a una precisa volontà sterminatrice. Molti psichiatri italiani erano infatti fermamente contrari all’ipotesi di una “uccisione pietosa”. È documentato come alcuni di loro si adoperarono per migliorare gli approvvigionamenti e per ottenere lo spostamento dei pazienti dall’area delle operazioni belliche.
Tuttavia, le indagini postbelliche sull’accaduto evidenziano una colpevole disorganizzazione e imprevidenza. A queste conclusioni arrivò un’inchiesta che la Società Italiana di Psichiatria promosse nel 1946. All’inchiesta collaborarono 66 ospedali psichiatrici su 69, nei quali era internato il 96% dei degenti delle istituzioni psichiatriche pubbliche.
Certificato di ritiro di Ruth Schlessinger dall’Ospedale Psichiatrico di Sant’Artemio, Treviso.
Prov.: Archivio dell’ex Ospedale Psichiatrico di Treviso
Il 1 agosto del 1944 un ufficiale delle SS, nel giro di pochissime ore, chiese ed ottenne
di “ritirare” quattro pazienti segnalati come ebrei, da tempo ricoverati nell’ospedale
psichiatrico. Il direttore e il personale si dissero impotenti e non contrastarono tale
prelevamento. Ottennero una “ricevuta” per le quattro persone, una della quali di
origine austriaca. Tutti i pazienti furono deportati nei campi di sterminio.
- Manicomio di San Servolo
Prov.: Museo del Manicomio San Servolo – Servizi Metropolitani di Venezia Isola di San Servolo, Venezia
Situato sull’isola di San Servolo fu uno dei due ospedali psichiatrici di Venezia. Le foto degli anni Trenta mostrano il parco, l’infermeria maschile e la sala lavoro del reparto Tranquille.
- Arturo Donaggio
Prov.: Rivista Sperimentale di Freniatria 66, 1942; Biblioteca dell’Archivio dell’ex Ospedale psichiatrico di Treviso
Arturo Donaggio (1868-1942), Presidente della Società Italiana di Psichiatria dal 1929 al 1942
Tra il 1929 e il 1942, ogni congresso fu inaugurato dall’allora Presidente Arturo Donaggio richiamando l’ideologia fascista e l’idea della razza.
Arturo Donaggio, anch’egli firmatario del Manifesto del 1925, assunse la presidenza della Società Italiana di Freniatria nel 1929.
Fu uno degli psichiatri italiani più compromessi con il regime e l’ideologia fascisti. Nel 1938 il suo nome figura , insieme a quelli di altri scienziati fedeli al regime, in calce al “Manifesto degli scienziati razzisti”, noto anche come “Manifesto della razza”.
Fu l’unico presidente di una società scientifica a firmarlo.
Dal discorso inaugurale di Donaggio al XXII Congresso della SIP (1940): “Non vogliamo lasciar da parte che la nostra società fu il primo fra gli enti scientifici italiani che del problema razziale (…) abbia fatto decisa trattazione in un Congresso.
E fu questo nell’aprile del 1937 (…). Così chi vi parla ebbe l’onore di rappresentare la nostra società in quel gruppo di Universitari che, convocato nel luglio del 1938, raccolse sul problema razziale il pensiero del Duce.”
Rivista Sperimentale di Freniatria 67, 1943, p. 378