"NON SI VEDE LO SPECCHIO DEL MARE"
Emergenza nell’emergenza, nell’isola-porta dell’Europa. Come nei terremoti, quando al disastro dei crolli si aggiungono le infezioni; come nelle epidemie, quando al virus si unisce il panico; dal molo Favaloro si apre agli occhi una distesa di ferro, relitti abbandonati dopo gli sbarchi della speranza. Ma questa storia riguarda un’isola, piccola e tutta bianca, la cui gente conosce la legge del mare. Lampedusa, piccola e bianca, vive da oltre un decennio col senso profondo dell’accoglienza e dell’umana condivisione. E’ la risposta dei lampedusani alla ‘guerra’ senza tregua che viene proprio dal mare.
Emergenza nell’emergenza, per la piccola Lampedusa non è un fenomeno nuovo, forse il meno evidente, sopraffatto nel flusso delle cronache più drammatiche e dai numeri impressionanti dell’emergenza. Non per questo meno impressinante è il fenomeno dei resti dei barchini abbandonati a centinaia in acqua, quei terribili e piccoli barchini in ferro su cui viaggiano, a rischio della vita per lo spropositato sovraccarico, le migliaia di migranti dei viaggi della speranza.
Rilanciato dall’ottima Carla Frogheri per il GR1 Rai di qualche giorno fa, il fenomeno dei piccoli scafi arrugginiti e abbandonati davanti al molo Favaloro è immagine impressionate della realtà viva che la comunità di Lampedusa affronta ogni giorno.
Ne ha quasi pudore il pescatore le cui parole sanno pure di tragica impotenza “… Noi siamo una zattera fra Europa e Africa. Dopo le tragedie che succedono qui, come quelle vissute in questi ultimi giorni, quasi mi vergogno a parlare, ma non possiamo nemmeno evitare di farlo”. Dice dei rottami delle piccole imbarcazioni che, abbandonate dopo gli sbarchi, finiscono ammassati uno sull’altro, per migliaia a coprire la supeficie dell’acqua insieme a copertoni di gomma e camere d’aria sotto il sole. Tutto destinato a marcire, tanto che sono ormai invasi anche i fondali del’isola. “Per noi pescatori che pratichiamo lo strascico è frequentissimo che le reti si incaglino e diventa difficilissimo districarle senza che si lacerino. Siamo spesso costretti a lasciarle andare e per noi sono danni da migliaia di euro ogni volta”.
Un disastro ecologico che difficilmente il mare riuscirà a pulire e la voce si spezza fra rabbia e impotenza. “Il legno, prima o poi, marcisce ma quei pezzi di ferro quando mai si scioglieranno? Li avremo per sempre là sotto … a vita!”.
Una bomba ambientale per la gente di Lampedusa. Emergenza nell’emergenza a cui non si intravvede rimedio.
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