I provvedimenti del governo dal 9 marzo ad oggi, spesso come atto autonomo del premier, sono parsi quasi “rincorrere” il Covid-19 che impazza al Nord e sempre più minaccia le aree del Sud Italia. Il popolo italiano prende atto di quanto la prova sia tremenda, non soltanto quella sanitaria e neanche solo sul piano economico. Si è fatto profondo anche il confronto che l’emergenza coronavirus sta provocando sul piano istituzionale-amministrativo. Qui, si incrociano competenze e disposizioni dall’autorità centrale, con le misure del governo con i decreti legge (ma per 4 volte con emanazione diretta di Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri), e d’altro canto con le misure spettanti alle Amministrazioni locali, in primis le Regioni e i Comuni.
Sul piano politico non sono mancati gli allarmi su un troppo disinvolto superamento del Parlamento, che i numerosi DCPM a firma Giuseppe Conte hanno reso di fatto spettatore anziché protagonista delle misure dell’emergenza.
Anche davanti al tema irrinunciabile della Salute, non può in nessun caso venire in secondo piano l’autorità della Costituzione e l’0sservanza ai suoi principi che tutelano lo stato democratico.
A questo proposito, rilanciamo la voce del prof. Sabino Cassese, tra i più insigni amministrativisti del nostro Paese, giudice emerito della Corte Costituzionale. In molti suoi più recenti interventi non ha già esitato a ribadire come “…lo Stato non si può fermare, la Costituzione non accetta discontinuità”. Bene, dunque, che il Parlamento nei giorni scorsi sia tornato a riunirsi: come centro della vita democratica e, perciò, dello Stato.
Intervistato da Giorgio Zanchini per Radio anch’io a poche ore dalla pubblicazione in GU, l’ex Ministro per la Funzione Pubblica del Governo Ciampi ha potuto illustrare le positività del Dm 25 marzo 2020 intervenuto opportunamente a modificare l’allegato 1 del DPCM 22 marzo 2020. Nega, il professore, che la serie dei DPCM abbia potuto ferire il sistema democratico dello stato, piuttosto osservando, senza mezzi termini: “Stiamo vivendo la fase del trapasso affidata ad una classe politica sostanzialmente improvvisata. Senza arrivare a fare paragoni con la maturità e l’esperienza di figure quali una Merkel, basta vedere i curricula di quanti sono oggi al governo, o intorno a questo o alla stessa opposizione. Paghiamo sicuramente il divario, ma possiamo anche dire che quest’ultimo provvedimento ha restituito piena centralità al Parlamento e posto rimedio a molti errori presenti nelle misure precedenti”.
Passa, poi, a indicare i meriti del decreto: “E’ il primo provvedimento a carattere complessivo, che indica cioè tutte le singole misure adottate e non soltanto alcune come avvenuto finora. Il precedente DL 17 marzo 2020, convertito in Legge n.18, è stato quasi completamente abrogato. Tutte le misure hanno un limite temporale unico del 31 luglio, fino al quale per ciascun settore può prevedersi un limite temporale massimo non superiore di 30 giorni, prorogabile.
Non manca un esemplare inquadramento tenico-giuridico da parte di Cassese, interpellato sulle ragioni di un evidente contrasto innescatosi fra governo centrale e periferia delle Regioni quando, nelle giornate che abbiamo vissuto fin quui e tutt’oggi, spesso gli amministratori regionali o gli stessi Sindaci hanno dovuto contrapporsi alla dirigenza statale per far valere le specifiche esigenze di misure di contrasto al contagio. Secondo Cassese, il problema è di natura strutturale, con un sostanziale sbilanciamento tra centro (il governo) e la periferia con le Regioni.
Ancora Cassese: “Con la riforma del ’93 sul decentramento amministrativo si è passati ad un sistema presidenziale per le Autonomie locali, tanto Regioni che Comuni: la rappresentatività di Governatori e Sindaci proviene direttamente dall’investituta popolare che essi ricevono. Ma l’asse portante del nostro sistema statuale resta la centralità del Parlamento, sicché il Presidente del Consiglio è figura più flebile, perché è espressione di una volontà popolare non diretta ma a lui proveniente su mandato dell’assemblea espressa dagli elettori. La convivenza dei due profili può plausibilmente sbilanciare il sistema, ora verso l’una ora l’altra componente dell’apparato. Ma è anche garanzia di maggiore controllo sulle istituzioni e massima salvaguardia dei principi democratici della Carta costuituzionale”.
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